martedì 30 settembre 2014

vivo o morto tu finirai in copertina

Poche volte i miei passati studi di fisica e matematica alla facoltà di Ingegneria mi tornano utili anche nel campo dell'illustrazione, ma in fondo è vero che la cultura è un immenso calderone da cui attingere per arricchire il piatto e ogni cosa può portare nuovi gusti, suggestioni, connessioni neuronali, percorsi imprevisti e nuove prospettive.

In particolare la fisica quantistica è un mondo perlopiù oscuro e affascinante. Il comportamento della materia al suo stadio più piccolo e infinitesimale è un qualcosa che gli scienziati hanno iniziato a comprendere e formalizzare da circa un secolo e che lascia spesso perplessi e straniti. Qui si possono osservare doppie nature come quella ondosa e corpuscolare, antimateria e comportamenti che per i macrosistemi e la nostra esperienza quotidiana sembrano fuori da ogni logica: l'apparente mancanza di causa-effetto, particelle che si muovono così veloci da tornare indietro nel tempo o presenti in più punti contemporaneamente e la convivenza di duplici stati.

Proprio su quest'ultima gioca uno dei paradossi più famosi della fisica, quello del gatto di Schrödinger. (Si sa, i mici hanno sempre un grande fascino sul pubblico, la rete trabocca di esempi.)
In soldoni, il paradosso si risolve nell'impossibilità del doppio stato del povero gatto inscatolato che risulterebbe allo stesso tempo vivo e morto. Ed è su questo che lo scrittore Giovanni Marchese, già autore di racconti e graphic novel, gioca il suo primo romanzo per la VerbaVolant edizioni: L'uomo di Schrödinger, romanzo in stampa in questi giorni e in uscita per la fiera romana del libro, Più libri più liberi, a inizio dicembre.

Tranquilli, a parte comprendere il gioco di parole che c'è dietro il bel titolo di Giovanni, non avrete
certo bisogno di un manuale di meccanica quantistica for dummies per leggerlo.

L'uomo di Schrödinger è un romanzo crudo, un thriller che mette insieme un mondo di provincia, situazioni incredibili al limite dell'onirico e dell'ironico, e un protagonista alla ricerca di se stesso: un uomo senza memoria, un morto che cammina, un uomo vivo e morto allo stesso tempo.

Ed è su queste suggestioni che si sono uniti i miei studi di fisica e la mia passione per il lavoro di un celeberrimo pittore belga che mi fulminò ancora imberbe adolescente. Suggestioni confluite nel prodromo dell'idea per la copertina.


Una volta approntata e approvata l'idea bisognava svilupparla seguendo lo stile oramai tracciato della collana Admaiora!

Tra le tante ricerche, avevo fissi in mente i cromatismi degli anni Cinquanta e quel sapore vintage delle copertine d'epoca degli Urania che rubavo a mio nonno e mio papà. Così sulla scia della nostalgia sono finito in questo sito, che segnalo e ringrazio, in cui è stato fatto un immane e splendido lavoro di archiviazione di tutte le copertine Urania dalla rivista degli esordi ai romanzi dei giorni nostri. Magari potrà tornare utile anche a voi, anche solo per un breve tour al magone nostalgico.

Il disegno piuttosto semplice e minimalista è stato abbastanza veloce ma c'ho messo un bel po' a decidere la gamma cromatica adatta. Alla fine ho adottato questi colori acidi e un po' stranianti, a mio giudizio perfetti per comunicare il carattere del romanzo. Come non citare la nebbia viola di un celebre chitarrista-cantante appassionato di fantascienza e psichedelia.


Per chiudere, per il retro mi piaceva l'idea di creare due momenti che sembrassero una sequenza e ho pensato che una fuga o una scomparsa sarebbero state perfette. A volte di un'immagine ci colpisce di più quello che manca.