lunedì 24 aprile 2017

Salviamoci

Qui e ho già parlato del mio amore per la musica indipendente, i progetti utopistici e le chimere, e di come mi sono ritrovato a illustrare la copertina di un disco di uno dei miei artisti italiani indipendenti preferiti: Shiva Bakta. La copertina ha avuto le sue soddisfazioni, in qualche recensione è stata addirittura osannata (è stato persino citato qualche volta il "bravissimo artista" che l'ha realizzata) ma soprattutto Shiva Bakta è rimasto così contento che alla fine abbiamo stretto un patto: se lui avesse fatto un altro disco io ne avrei curato la copertina.

Ora da un lato è sempre lusinghiero ricevere conferme del proprio lavoro come una reazione sincera ed entusiasta di chi ti ha commissionato l'opera. D'altro canto le cose cambiano, le situazioni cambiano e anche gli illustratori cambiano. Un primo risultato positivo ti vincola e manda in paranoia sui successivi lavori, in particolare sul secondo: riuscirò a fare un qualcosa all'altezza del precedente? Riuscirò ad essere all'altezza di me stesso e soprattutto all'altezza delle aspettative? E se la prima volta fosse stata semplice fortuna? Nient'altro che una congiunzione di fattori? L'immagine giusta al momento giusto per la persona giusta?

Ad ogni modo Shiva Bakta ha fatto la sua parte e dopo circa 3 anni sta per sfornare un nuovo disco, ovviamente diverso, ovviamente bello come il precedente o forse anche di più. Così ho dovuto mantenere la promessa e realizzarne la copertina, ovviamente diversa, ovviamente sperando che fosse bella come la precedente o forse anche di più.

Ho fatto penare ed aspettare per molti mesi il povero cantante, senza mai mostrargli neanche un bozzetto o uno stralcio di idea di cosa volevo fare. Ha potuto vederla solo a lavoro concluso. Spero ne sia valsa la pena e che la copertina vesta con pari dignità il bellissimo nuovo disco di Shiva Bakta, Save Me. Chissà, magari facciamo un patto per un terzo disco insieme!


Mi esalta sempre fare le copertine dei dischi, per certi versi è un lavoro diverso dal fare le copertine dei libri. Sei più libero, puoi giocarti un approccio più poetico e visivo meno legato al significato, spesso scherzo dicendo che è possibile avere un approccio più artistoide.

Ho lavorato in maniera abbastanza materica in uno stile volutamente artigianale che è quello che vedevo più adatto al carattere del disco. È una copertina meno ironica del disco precedente e forse per questo più pregna di significato e potente, a posteriori mi sono reso conto che in qualche modo ho voluto rappresentare la caducità delle cose, la delicatezza e la precarietà di ogni essere vivente e magari proprio in questo si lega al titolo dell'album: tutti abbiamo bisogno di essere salvati in un modo o nell'altro.

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